In futuro, il processo a membrana sostituirà gradualmente il vecchio processo di amalgamazione nell’elettrolisi cloro-alcalina. La produzione di cloro nel complesso chimico polacco PCC Rokita SA ha nel frattempo favorito anche il processo ecologico e di risparmio energetico sviluppato da ThyssenKrupp Uhde. Uno scambiatore di calore a piastre completamente saldato in titanio fornisce un contributo essenziale al funzionamento sicuro, portando il gas di cloro alla giusta temperatura in modo che nulla possa impedire un’ulteriore lavorazione sicura.
La chimica del cloro è spesso indicata come il cuore dell’industria chimica. Circa il 60% del fatturato realizzato da questo ramo industriale dipende direttamente o indirettamente dalla chimica del cloro. I prodotti chimici a base di cloro vanno dal cloruro di polivinile (PVC) per serramenti e tubi fognari fino al poliuretano per isolamenti termici e al policarbonato per applicazioni IT. Il materiale di base per l’elettrolisi cloro-alcalina è una soluzione acquosa di cloruro di sodio dalla quale cloro, soluzione di soda caustica e idrogeno vengono ricavati per mezzo di diversi processi aventi ciascuno una specifica cella di elettrolisi. Oggi, il processo a membrana viene utilizzato in circa due terzi degli impianti di grandi dimensioni perché i prodotti finali, vale a dire Cl2, H2 e NaOH sono molto puri, ma richiedono un apporto energetico complessivo nettamente inferiore. Inoltre, questo processo è del tutto privo di mercurio, una sostanza controversa sotto il profilo ambientale. Per questo motivo, Euro Chlor, l’Associazione europea del settore dei cloruri alcalini, si è impegnata ad astenersi dal costruire nuovi impianti utilizzando il metodo dell’amalgamazione. Tutti gli impianti esistenti saranno chiusi o convertiti entro la fine del 2020. Anche l’azienda chimica polacca PCC Rokita SA, situata nella cittadina di Brzeg Dolny, sta seguendo questo percorso. Questo stabilimento produce non solo cloro e composti di cloro, ma anche polialcoli, liscivie, agenti tensioattivi e derivati del fosforo. In passato vi era in funzione un impianto di elettrolisi cloro-alcalina che era basato sul processo di amalgamazione. Con l’ammodernamento dello stabilimento, una parte dell’impianto è stata trasformata in un processo a membrana ecocompatibile, consentendo così di aumentare la capacità produttiva fino a 120.000 tonnellate di cloro all’anno. Allo stesso tempo si riducono i consumi energetici (più del 20%) e le emissioni di CO2 e si evita di inquinare le acque reflue grazie all’uso di circuiti chiusi. L’essiccazione affidabile del gas di cloro prodotto è il fattore decisivo per la sua ulteriore lavorazione. Per ottenere questo risultato, in una prima fase il cloro viene raffreddato da 86 a 40 gradi, provocando così la condensa del vapore saturo contenuto nel gas di cloro. “In passato abbiamo sempre utilizzato uno scambiatore di calore a fascio tubiero per questa fase del processo, ma in questa sede lo spazio era estremamente limitato” dichiara il dott. Andreas Cruse, responsabile di progetto di ThyssenKrupp Uhde e responsabile della realizzazione del nuovo impianto di elettrolisi cloro-alcalina basata sul processo a membrana. PCC Rokita aveva già acquisito esperienza con gli scambiatori di calore a piastre Kelvion in un altro stabilimento in questa sede. È anche per questo motivo che l’azienda si è resa disponibile ad utilizzare questo tipo in relazione al trattamento del cloro nell’impegnativa applicazione dell’elettrolisi cloro-alcalina.
Tuttavia, per garantire un funzionamento sicuro, lo scambiatore di calore a piastre doveva soddisfare requisiti speciali. Uno dei flussi di prodotto è composto da gas di cloro corrosivo e umido, mentre l’altro da acqua di fiume pre-trattata e utilizzata per il raffreddamento. Quest’acqua contiene ancora impurità che possono formare rapidamente dei depositi, che a loro volta possono comprometterne il buon funzionamento. “Considerando a quali sollecitazioni sarebbe stato esposto il materiale, l’apparecchio sarebbe dovuto essere costruito completamente in titanio” precisa il dott. Cruse. Anche l’ondulazione delle piastre dello scambiatore di calore era un criterio importante. Per consentire contemporaneamente sia un efficiente trasferimento del calore sia un funzionamento sicuro, i canali di flusso devono essere molto fini e progettati in modo che i depositi di acqua del fiume non compromettano il funzionamento e che le unità possano essere facilmente pulite. Il dott. Cruse sintetizza quindi: “In definitiva, quello che ci occorreva era uno scambiatore di calore senza guarnizioni e con un’ottima ondulazione delle piastre”. Poiché Kelvion è un’azienda con molta esperienza nella saldatura del titanio, la scelta è caduta sullo scambiatore di calore a piastre in titanio K°Bloc completamente saldato, prodotto da Kelvion PHE GmbH. L’idea dietro a tutto sta nel fatto che il modello K°Bloc unisce due diverse ondulazione di piastra in un modo innovativo. Le piastre sono disposte con un angolo di 90 gradi l’una rispetto all’altra e saldate insieme, formando così diversi canali in controcorrente. Lo scambiatore di calore è composto da quattro colonne, un fondo e una piastra superiore, nonché da quattro pannelli a spinta laterali con collegamenti integrati. Tutti i componenti del telaio sono avvitati e quindi facilmente smontabili per la pulizia e la manutenzione del gruppo piastre. “Abbiamo deciso di utilizzare l’ondulazione con doppia concavità per via delle possibili contaminazioni nell’acqua del fiume” dice il dott. Cruse. Con una capacità di 5000 kW, il flusso di cloro viene raffreddato a 40 gradi. In un’altra fase di raffreddamento, il gas cloro viene raffreddato fino alla sua temperatura finale. Produzione di massima qualità. La grande sfida nella produzione di questo scambiatore di calore è stata quella di saldare il titanio in un’atmosfera priva di ossigeno, perché questo è l’unico modo per evitare i colori di rinvenimento. A tal fine, l’apparecchio viene lavato per ore con argon, in modo da rimuovere l’ossigeno anche dagli angoli più nascosti. Successivamente, lo scambiatore di calore viene trattato in un sarcofago e maneggiato quasi letteralmente con guanti di velluto, anche perché tutti coloro che si occupano della produzione indossano effettivamente dei guanti. La produzione richiede diversi mesi e molte fasi di lavoro vengono eseguite manualmente. Nel frattempo, Kelvion PHE GmbH ha ampliato la sua capacità produttiva soprattutto per questi casi particolari e nel frattempo è in grado di eseguire anche la saldatura automatizzata del titanio. Tuttavia, in futuro saranno necessari anche molti passaggi manuali per soddisfare questi requisiti particolari. “I requisiti di tenuta erano molto rigorosi, soprattutto a causa della tanto temuta corrosione interstiziale” dice il dott. Cruse. Prima dell’installazione dello scambiatore di calore è stato quindi necessario un lungo periodo di test per verificare la tenuta dell’unità. Dopo aver superato con successo questo ostacolo, l’installazione del K°Bloc è avvenuta senza problemi. “La collaborazione e la gestione del progetto sono avvenute in maniera ottimale” riassume Cruse. Grazie al suo design compatto (l’unità ha una dimensione di circa un metro cubo) poteva essere integrata nell’impianto praticamente senza soluzione di continuità. Questo è il motivo per cui in particolare nei retrofit e nelle conversioni viene spesso preferito uno scambiatore di calore a piastre; infatti, uno scambiatore di calore a tubi richiederebbe almeno il doppio dello spazio.
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